Привiт iз Харкова - Greetings from Kharkiv 2022
Una località limitrofa a Kharkiv (Харків), la seconda città per numero di abitanti dell’Ucraina, vicino ai confini con la Bielorussia e non molto lontano dal Donbass, è scossa dai venti di guerra che rischiano di scaraventare il Paese e l’Europa in un nuovo conflitto.
Kharkiv è un racconto per immagini e parole che esprimono le emozioni di una giovane adolescente che studia e vive a Roma, ma che non vede l’ora di poter tornare l’estate nei suoi luoghi di origine nella speranza di ritrovarli intatti come lo sono nei suoi ricordi. Le foto sono accompagnate da pensieri e frasi che riportano a galla i ricordi di un’infanzia felice vissuta tra la scuola, le passeggiate e le albe ucraine.
Kharkiv fa parte del progetto Other Rooms, Other Thoughts che vede coinvolte diverse città (Kharhiv/Ucraina Kalamulla/Sri Lanka, Parigi/Francia, Bucarest /Romania,) con l’intento di riappropriarci, tramite le memorie e le esperienze quotidiane, di quella dimensione di senso che non è possibile ritrovare in un mondo che rischia di precipitare nell’abisso.
La guerra risulta incomprensibile agli occhi di una adolescente, così come ai nostri. Laddove anche il più cinico realismo politico, che si fonda su quella linea di pensiero che ha avuto in Tucidide, Machiavelli e Hobbes i suoi esponenti più illustri, ci invita a guardare ai fatti per come sono e non per come dovrebbero essere, pur fornendo delle basi esplicative per la realtà sembra totalmente incapace di andare incontro a quella vita che si nutre di ricordi, di albe, di passeggiate, di relazioni, che si fonda sul riconoscimento dell’altro e che non vede nel conflitto quell’elemento fondante dell’antropologia umana.
Una comprensione dell’incomprensibile che rischia di spazzare via luoghi, persone e ricordi che abitano Kharkiv è alla base di questo lavoro. Così, le foto che ritraggono campi di grano e gite in bicicletta vengono trasfigurate in campi di battaglia, i ricordi e i desideri di una giovane ragazza danno vita a una discrasia, mescolandosi ai traccianti che segnano i movimenti delle truppe su una cartina.
Sebbene la politica internazionale sia un intreccio di antagonismi in cui i concetti di potenza e sicurezza hanno un ruolo centrale, e dove la minaccia che uno Stato usi la forza contro un altro è un’eventualità sempre presente, risulta complesso se non impossibile trovare una dimensione di senso per la vita umana in un’attività volta a sopprimere la vita stessa. La guerra può ben certo essere compresa come il prolungamento di quella concorrenza economica che fa della produzione una lotta per la supremazia, ma rimane l’insensatezza di quella dimensione di senso che trova in un gasdotto o nella forza qualcosa per cui vada la pena combattere.
Una località limitrofa a Kharkiv (Харків), la seconda città per numero di abitanti dell’Ucraina, vicino ai confini con la Bielorussia e non molto lontano dal Donbass, è scossa dai venti di guerra che rischiano di scaraventare il Paese e l’Europa in un nuovo conflitto.
Kharkiv è un racconto per immagini e parole che esprimono le emozioni di una giovane adolescente che studia e vive a Roma, ma che non vede l’ora di poter tornare l’estate nei suoi luoghi di origine nella speranza di ritrovarli intatti come lo sono nei suoi ricordi. Le foto sono accompagnate da pensieri e frasi che riportano a galla i ricordi di un’infanzia felice vissuta tra la scuola, le passeggiate e le albe ucraine.
Kharkiv fa parte del progetto Other Rooms, Other Thoughts che vede coinvolte diverse città (Kharhiv/Ucraina Kalamulla/Sri Lanka, Parigi/Francia, Bucarest /Romania,) con l’intento di riappropriarci, tramite le memorie e le esperienze quotidiane, di quella dimensione di senso che non è possibile ritrovare in un mondo che rischia di precipitare nell’abisso.
La guerra risulta incomprensibile agli occhi di una adolescente, così come ai nostri. Laddove anche il più cinico realismo politico, che si fonda su quella linea di pensiero che ha avuto in Tucidide, Machiavelli e Hobbes i suoi esponenti più illustri, ci invita a guardare ai fatti per come sono e non per come dovrebbero essere, pur fornendo delle basi esplicative per la realtà sembra totalmente incapace di andare incontro a quella vita che si nutre di ricordi, di albe, di passeggiate, di relazioni, che si fonda sul riconoscimento dell’altro e che non vede nel conflitto quell’elemento fondante dell’antropologia umana.
Una comprensione dell’incomprensibile che rischia di spazzare via luoghi, persone e ricordi che abitano Kharkiv è alla base di questo lavoro. Così, le foto che ritraggono campi di grano e gite in bicicletta vengono trasfigurate in campi di battaglia, i ricordi e i desideri di una giovane ragazza danno vita a una discrasia, mescolandosi ai traccianti che segnano i movimenti delle truppe su una cartina.
Sebbene la politica internazionale sia un intreccio di antagonismi in cui i concetti di potenza e sicurezza hanno un ruolo centrale, e dove la minaccia che uno Stato usi la forza contro un altro è un’eventualità sempre presente, risulta complesso se non impossibile trovare una dimensione di senso per la vita umana in un’attività volta a sopprimere la vita stessa. La guerra può ben certo essere compresa come il prolungamento di quella concorrenza economica che fa della produzione una lotta per la supremazia, ma rimane l’insensatezza di quella dimensione di senso che trova in un gasdotto o nella forza qualcosa per cui vada la pena combattere.